Il libro anti-Soru di Sanna «Su di lui mi sono sbagliato»
«E' un signore che non vorrei per amico, bisogna essere leali, lui è uno che ti usa e ti getta come la carta igienica»
Lì lo disse: «Meglio Soru che male accompagnato». Qui lo nega: «Meglio Soru? Forse no». L' anno scorso (2004) Gavino Sanna, classe 1940, il pubblicitario italiano più premiato al mondo, il cantore di Fiat e Barilla, tornò nella sua Sardegna e la riempì di manifesti per dire che «non è tutto loro quel che luccica», che il centrosinistra poteva farcela, che in Regione era Renato Soru il miglior presidente possibile. Un anno, un secolo fa. Oggi il Divino Gavino ha cambiato idea, s' è ritirato furioso nella sua casa milanese e ha riempito 65 pagine d' un libretto bianco, La pipì controvento, per negare che il Signor Tiscali sia l' uomo giusto e che nell' isola possa luccicare qualcosa. Scrive di soldi mai versati, di provincia ingrata. Il guru che cancella Soru: «E' un signore che non vorrei per amico. Amici così, non mi servono. Bisogna essere leali, "puliti", aperti. Lui è uno che ti usa e getta come carta igienica». Gli dà del bugiardo, accusa i suoi collaboratori d' averle rubato le idee. E' uno sfogo violento. «L' ho covato abbastanza. Fino all' ultimo, speravo di dover scegliere fra Doctor Jekyll e Mister Hyde. Parlo d' un signore che sembra a tutti un signore e invece non lo è». Perché ci si è messo insieme, allora? «E' stato lui a chiamarmi. Mi ha raccontato la Sardegna che sognava. Ho accettato di fargli la campagna elettorale. Sono diventato il suo alter ego, mi sono esposto in quest' isola d' accattoni che s' esaltano per la balentìa, la sardità, queste balle. Ho preso schiaffoni, per lui». E lui? «Sparito. Diceva Maria Carta che in Sardegna l' invidia ne uccide più della malaria: esteti da Strapaese mi hanno attaccato per gli stand della Regione alla Fiera di Milano, per il nuovo marchio dei Quattro Mori... Lui, silenzio. Tiene i miei progetti nel cassetto, come se avessi la lebbra. E' un uomo in grigio, non sorride mai, si circonda di lecchini d' oro e becchini d' idee. Il massimo dell' affetto fu un sms, la sera della vittoria. Due parole: "Congratulazioni. Renato"». Meglio lavorare con gl' industriali? «Assolutamente. Giovanni Rana era come Soru: non lo conoscevo, aveva un prodotto da vendere, mi ha cercato, è diventato famoso. L' unica differenza è che Rana è simpatico». E sì che lei godeva della benedizione di D' Alema... «Benedizione... Venne Claudio Velardi a chiedermi che cosa stavo facendo e a dirmi che cosa dovevo fare. Rimase mezz' ora e se ne andò». Passa al centrodestra? «No, non ho più voglia di politica. Ho lavorato in America alla campagna di Nixon: là, se uno fa vincere un candidato, viene portato in trionfo. Qui è una cosa meschina.». Nel Polo la corteggiavano... «Romano Comincioli, di Forza Italia, mi chiese di mollare Soru e sostenere Mauro Pili, candidato del centrodestra. Pili è un amico, ma non c' è lo stesso sogno». E Berlusconi? «Lo conosco da tanto. La prima volta fu a Milano, una cena di pubblicitari al Gallia. Mi fissava. Io ero infastidito. E lui: "Caro Sanna, da giovane portavo i capelli lunghi come lei. Poi li ho tagliati e la mia vita è cambiata. Facciamo un patto: se lei se li taglia, ci diamo del tu". Non ho mai obbedito». Però vi date del tu... «Quando ha visto la mia campagna per Soru, mi ha fatto i complimenti. E ha aggiunto: "Peccato che quello sia un pazzo"». Su questo, forse siete d'accordo... «Soru fa cose da pubblicitario. Le basi Usa alla Maddalena: bella battaglia, giusta, ma poi non porta a casa niente. Le ville a due chilometri dalla costa: deve vietarle perché ci sta nel personaggio pubblico, non perché ci crede. Demagogia. E' un ricco che si compra la povertà e la distribuisce a gente che non vuole averla». Chi ha più bisogno d' un buon pubblicitario? «Vedo solo vecchie ballerine d' avanspettacolo con la calza smagliata, tutti nei teatrini di Matrix, Ballarò, Porta a porta. Bertinotti fa buona comunicazione. Prodi, no: non riesce neanche a raccontare una barzelletta, con quella bocca a culo di gallina. Bossi è come Berlusconi: "Roma ladrona" non va più, deve inventarsi qualcosa d' altro». E uno sconosciuto, tipo lo Scalfarotto delle primarie? «Non interessa, non si vende: molte volte è l' abito che fa il monaco. Uno però c' è: è nero nero, sardo sardo, e prende a schiaffi tutti. Si chiama Gavino Sale, un indipendentista. Nella sua follia, non andrà da nessuna parte. Però è affascinante. La comunicazione, dovrebbero impararla tutti da lui».
Francesco Battistini - Corriere della Sera - 8 ottobre 2005
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