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sabato 24 novembre 2007

C’aggia fa’ pe’ campa’! – Parte II° (Cosa farai da grande?)



Bel periodo l’adolescenza, eh? Per chi l’ha vissuta bene sarà stata sicuramente il non plus ultra della vita, certo! Non per me. Oggi posso anche darmi del cretino per non essere stato tanto furbo anni addietro, da vivere tutto con un po’ più di filosofia e aggiungere che la maturità è peggio dell’età “degli ormoni imbufaliti”, ma se potessi tornare indietro sceglierei di non approfittare di questa opportunità. Che ne so? Magari potrebbe pure andare peggio! Io non sono esattamente uno che si potrebbe definire baciato dalla dea bendata e siccome la sfiga non ha limiti conosciuti, potrei finire in una realtà alternativa a quella che ho già vissuto, nella quale tutte le leggi di Murphy trovano collocazione nella mia esistenza! No, grazie. Meglio niente. In quel periodo, i momenti più gratificanti sono stati esclusivamente quelli che dedicavo ai miei passatempi preferiti e, manco a dirlo, la maggior parte riguardava l’ambiente radiofonico, nel quale avevo modo di assecondare la mia naturale tendenza a creare. Pur non avendo capito subito che quella sarebbe stata una grande passione, intimamente lo sapevo fin da piccolo. Ce l’avevo codificato nel DNA. Le chiacchiere (non sapete quante note ho beccato alle elementari!!), la socialità, gli show per i compagni (non comunisti!), canzonare e canzonarmi, osservare e rielaborare (grande passione anche per le parodie), trovare sempre la nota comica in ogni circostanza che prestasse il fianco, inventare… sognare!! Il sognatore! Ecco come mi definiva la maestra! L’unico che l’ultimo giorno di quinta, il giorno dell’incontro generale del dopo esame, durante il discorso di commiato dell’insegnante era rimasto senza batter ciglio, incantato e a bocca aperta, perso nelle sue parole. Non posso ricordarmi a cosa pensavo, ma ricordo come fosse… beh… come fossero ventidue anni fa (!), che la maestra d’un tratto smise di raccontarci quale realtà fosse quella delle scuole medie e mi disse che se avessi tenuto ancora per un po’ la bocca aperta mi ci sarebbero entrate le mosche! E proseguì: “Il sognatore! Quando pubblicherai il primo libro voglio una copia con la dedica!”. Beh, Ada, oggi posso dirti che non ci sei andata troppo lontano. Sono solo un po’ più disilluso e incazzato, ma sogno sempre! E, pur non pubblicando, scrivo pure! Uff, divago sempre! Per farla breve, la mia materia grigia è sempre stata un vulcano in attività costante ed inesauribile. Mi è sempre piaciuto ideare, costruire, mettere insieme e disfare per rifare. Le costruzioni! Uuuuh quanto mi piaceva giocare con le costruzioni! E mica quelle coi personaggini, quelle della lego per intenderci! Quelle dove trovavi gli operai, i piloti, gli astronauti… No, no! Quelle piatte, rettangolari e di tutti i colori. Ci facevo quello che volevo! Anche se alla fine, la forma che più spesso facevo prendere all’insieme, era quella di astronave. Ed era sempre diversa. Perciò non volevo i “personaggini”: se l’astronave cambiava forma, poi l’omino non sapevo più dove farlo accomodare! E a dirla tutta fino in fondo, mi sono sempre stati antipatici questi omini gialli sempre col sorriso, che è proprio il caso di dire, stampato in faccia! Chissà, avrei potuto avere un futuro da architetto o da ingegnere aerospaziale! Naaa! Troppo poco margine d’errore nei progetti! Sarebbe stato antipatico finire in galera per una scuola progettata da me e crollata su sé stessa o provocare la disintegrazione di una capsula spaziale per una moltiplicazione a cifre decimali sbagliata!

- “Ingegner Daron, tutto l’equipaggio della missione Apollo Creed è morto a causa di un suo errore! Cos’ha da dire a sua discolpa?

– “E’ che le operazioni con la virgola proprio non mi vengono!”.

Comunque tutti gli anni a sognare e a immaginare un futuro di creatività si sono poi rivelati inutili. Direi quasi sprecati! Infatti (e con nota a pie’ di pagina aggiungerei purtroppo) secondo mia madre il mio destino era segnato: dovevo prendere un diploma. Meglio se da ragioniere! Tutte le idee che avevo per la testa, qualsiasi esse fossero (in effetti né lei né nessun altro poteva conoscerle datosi che mi sono sempre vergognato come un ladro ad esternare le mie aspirazioni!) non mi avrebbero di certo portato lontano. La ragioneria! Quella sì che mi avrebbe regalato un roseo futuro! Di disoccupazione, sicuramente. Ma sì, forse la mamma (che è sempre la mamma) ha ragione. Studiare è importante. Metti che non riesco in ciò che vorrei: devo avere una ciambella di salvataggio. Dovrò pure ripiegare su qualcos’altro! Cinque anni e, non chiedetemi come perché non lo so neppure io, avevo il diploma da ragioniere in mano. Ebbene, ho fatto di tutto dopo le superiori. Persino un briciolo di università: giurisprudenza! (Dopo sei anni da impiegato ed essere rimasto disoccupato ho pure consegnato pizze!! E non scherzo.) Ma nulla che avesse qualcosa da spartire con la partita doppia! Detto tra noi: se mai avessi curato il bilancio di un’azienda, ora io, il titolare della stessa, il presidente, il vicepresidente, l’amministratore delegato, tutto il consiglio di amministrazione, financo tutto il personale dipendente giù giù fino ai centralinisti e agli addetti alle pulizie, saremmo tutti in gattabuia per una serie di reati che spazierebbero dal falso in bilancio, all’evasione e frode fiscale, all’abuso in atti d’ufficio e bancarotta fraudolenta. Giusto una leggina che mettesse in regola la “finanza creativa” avrebbe potuto salvarci. Ma chi andava a pensare che qualcuno l’avrebbe emanata solo qualche anno più tardi??
Per disgrazia, e questo è ciò che mi procura più rammarico, non avendo avuto nemmeno la più minuscola possibilità di intraprendere studi mirati a sviluppare le mie personali predisposizioni, non ho mai potuto e a questo punto credo mai potrò verificare, se e quanto queste sarebbero state in grado di darmi da vivere. Ed il dubbio si fa più assillante proprio in questi ultimi anni, che mi vedono ormai non più tanto moccioso, perché se mi guardo indietro posso considerare di essere stato maggiormente apprezzato per le mie realizzazioni nel campo pubblicitario, del design, come autore o coautore di testi ecc. ecc. (insomma per quella sempre presente e ora quasi fastidiosa in quanto quasi inutile creatività), che non per quanto sono bravo o mediocre come impiegato in un ufficio! Avete mai provato a ragionare per paradossi? Per assurdo? Vi siete mai sorpresi a ripensare a qualcosa che vi è accaduta e a domandarvi come sarebbe cambiato il vostro presente, se ad un bivio aveste scelto la strada opposta a quella sulla quale avete preferito incamminarvi? Se aveste detto o fatto una cosa diversa da quella che avete detto o fatto nella realtà?
Io sì.
Tante volte.
E sapete qual è il problema? Il problema è che quando quelle volte diventano troppe, i pensieri restano gli stessi, ma cambiano nome.
Si chiamano rimpianti.

Continua?

venerdì 16 novembre 2007

C’aggia fa’ pe’ campa’! – Parte I° (Cosa farai da grande?)



Quand’ero piccolo mi sono sentito ripetere la tipica, solita, priva di significato domanda, che gli adulti pongono ai bambini fino alla nausea, credendo di trovarsi a chiacchierare del più e del meno con dei perfetti idioti in quanto appunto bambini: “Cosa vuoi fare da grande?”. Che palle! Ecco cosa pensavo mentre veniva formulato il solito, noiosissimo, trito e ritrito, pedante, “originalissimo” quesito. Ero ormai schiavo di impulsi condizionati che mi portavano alla fobia sociale: ero terrorizzato dall’eventualità che, in giro appresso ai miei genitori, essi incontrassero qualche conoscente al quale mi avrebbero presentato e che loro, muniti di ebete sorriso più vicino all’emiparesi quale biglietto da visita universale per l’approvazione del timido bimbo, mi potessero porre l’angosciante interrogativo! Anche perché non sapevo mai cosa rispondere! D’altronde ero piccolo: a sette/otto anni cosa cacchio puoi saperne di come vorresti procurarti il pane in età adulta!? Quando sarò grande mi porrò il problema! Forse inizierò a pensarci prima delle scuole superori, magari quando dovrò scegliere un percorso di formazione preparatorio al mondo del lavoro! Ma mentre gioco con le costruzioni o aspetto l’inizio di bim bum bam non mi puoi intrippare la testa con un dubbio simile! Solo qualche anno più tardi ho cominciato a capire dove stava la fregatura: dopo, quando piccolo non lo sei più, nessuno ti avrebbe più chiesto cosa avresti voluto fare da grande! I giochi sono stati fatti, come un tempo i dadi erano stati tratti! Ad esempio io a quattordici anni cominciai a vedere il mondo attraverso un’ottica completamente diversa che, azzardo, mi avrebbe con tutta probabilità potuto chiarire le idee sull’eventuale risposta da fornire a chi mi avesse riproposto la domanda delle domande… Ma nessuno lo fece più! A quell’età percepisci il tuo intorno sicuramente in maniera meno infantile, con una criticità e una punta di cinismo mai sperimentati in precedenza. E’ l’età testimone di mooolti ormoni esagitati che come cavalli imbizzarriti corrono senza precisa meta nel tuo corpo immerso nel cambiamento (e che cambiamento!!). L’età delle prime passioni (e qui non specificherò). Abbandonando l’infanzia, in effetti, inizi a valutare cosa di ciò che vedi e senti ti piace o meno, se lo odi o desideri sia nel tuo futuro fino a che terra non ti ricopra; insomma hai degli stimoli credo piuttosto naturali che ti conducono, anche solo con la fantasia, laddove il tuo talento trova giusto sfogo. A quattordici anni, come dicevo, non ricordo perché o percome, mi è saltato in testa il pallino della recitazione. Diventare attore?? Io! Ragionandoci su… Se non tenevo a mente nemmeno le tabelline, come avrei potuto pretendere di recitare a memoria un intero copione teatrale!? E poi diciamolo senza tante ipocrisie: un attore se proprio non è una cima, se non è davvero bravo, riconosciuto come tale, seguito da un discreto pubblico, o se non ha la fortuna di lavorare anche per il cinema, si può pure scordare di vivere con una discreta dignità.
Zero danaro = zero pane!
E’ un po’ come quelli che da aspiranti scrittori, si lamentano continuamente della vana ricerca di un editore che gli pubblichi anche solo uno straccio di racconto, salvo poi scoprire che non sanno dove stia di casa il congiuntivo, hanno la netta convinzione che la consecutio temporis sia un’enciclica papale e che il rispetto delle doppie nelle parole sia superfluo! No, no, no. “L’é tutto sbagliato! L’è tutto da rifare!” direbbe Ginettaccio (se fosse vivo!).
Occhèi…bel sogno quello del teatro, ma già a quindici anni era relegato tra le cose che non avrei mai e poi mai realizzato. Qualsiasi cosa avessi fatto da grande – avrei ripetuto a me stesso negli anni a venire – sarebbe comunque stata qualcosa che avrebbe impegnato il mio ingegno, attinto a piene mani dalle mie idee, dalla mia fantasia, dalla mia attitudine alla scrittura, dalla mia capacità di autoironia… In sostanza avrei voluto come tutti, mettere a frutto uno qualsiasi dei miei talenti adeguatamente addestrato qualora ne fosse esistito qualcuno! Di sicuro non mi sarei dedicato a nulla che avesse a che fare con la matematica, i calcoli, le statistiche o qualsiasi altra occupazione che avesse lesinato spazio alla mente. Niente che mi avrebbe ingabbiato in
giornate-fotocopia, in normative da seguire alla lettera, norme da rispettare o rigidi regolamenti da ricordare. Va da sé che numerose, quindi, erano le ipotetiche carriere che mi precludevo (niente militare di professione, nessuna possibilità ad ambizioni da bancario, anche in presenza di raccomandazione per un pubblico impiego nessuna pietà per i timbri e timbretti da impiegato postale, no alla giurisprudenza, nix operaio in fabbrica e neppure fuori da una fabbrica. Cosa resta? Escludendo lavori di artigianato pur sempre ripetitivi e l'uomo da marciapiede...Nulla).
Un bel giorno un insegnante di lettere, dopo tante e tante occasioni di chiacchiera (che a lui piacevano così tanto, erano il suo punto debole, e che io ero abilissimo nel provocare, allungando i tempi del cazzeggio così da sottrarne a quelli di eventuali interrogazioni!) mi dice che con tutte le considerazioni lette nei miei temi e gli spunti di approfondimento espressi in aula, mi avrebbe visto bene in un’eventuale carriera universitaria, nientemeno che (squillino le trombe!!) in economia politica! SBREEENG!! Economia politica? Che cavolo stai dicendo Willis!?!? Non sapevo che dire nonostante i miei pensieri, accalcandosi numerosi nella mia mente, avrebbero voluto tramutarsi in parole ad espressione di totale disaccordo con quell’illuminante uscita dell’insegnante! Non sapevo cosa avrei voluto fare in futuro, ma non di certo economia politica! Insomma, io ero….io ero…io ero… Che cacchio erooooo!? Io: “Prof, chi si fa pagare per avere delle idee, per mettere al servizio di qualcuno il proprio estro?” Prof: “Ah, no, ma quelli sono i creativi! Dei poveracci che devono aspettare l’ispirazione per portare ad un committente un lavoro come si deve! E non è detto che la loro idea venga valorizzata e quindi scelta tra quelle di altri creativi che di solito vengono interpellati!” Azz…che guaio! Ero destinato ad essere un poveraccio, perché mi sentivo proprio un… Io…ero proprio…un creativo!! Finalmente ero venuto a conoscenza del nome da dare al mio futuro! UN CREATIVO!!! Woooow!

Location: deserto. Inquadratura: totale della camera dolly (quella sul braccio per riprese dall’alto. N.d.Daron) in campo lungo su di me, completamente solo. Effetti sonori: vento e il frinire di un grillo. Un cepuglio secco, rotolando, entra ed esce dall’inquadratura.

Ed ora che so cosa sono...? Ma soprattutto: lo saprò fare per davvero…il creativo?


Continua.